sabato 27 novembre 2010

Il grido di Caritas: indignarsi per cambiare. Tutti i dati sul dossier 2010 sulle povertà. In aumento le richieste di aiuto ai Centri Ascolto.

PISTOIA-QUARRATA. A fine giugno erano già 1.256 le persone accolte nei Centri Caritas della diocesi di Pistoia (una rete di 8 strutture fra Pistoia, Quarrata, Agliana, Oste di Montemurlo, Poggio a Caiano): un numero considerevolmente più alto rispetto a quanto accaduto nei due anni precedenti.
Se in tutto il 2008 le persone “ascoltate” erano state 1.225, salite a 1.757 nell’intero 2009, è facile comprendere come nell’intero 2010 si supereranno le 2 mila unità. Il che si traduce in altrettante famiglie prese in carico.
Il dato (“numeri allarmanti per un territorio che non supera i 140 mila residenti”, nota il direttore Marcello Suppressa) apre il “Dossier 2010 Caritas Pistoia sulla povertà e le risorse”, coordinato da Stefano Simoni, che è stato presentato questa mattina su iniziativa di Caritas e con l’intervento di mons. Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia.


DON MILANI E LA COSTITUZIONE
Prendendo a prestito una famosa frase di don Lorenzo Milani (“Nulla è più ingiusto che fare le parti uguali fra disuguali”) e citando proprio in apertura l’articolo 3 della Costituzione (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge …”), il rapporto mette a confronto i dati – elaborati grazie al progetto Mirod - degli ultimi due anni e del primo semestre 2010.

PRIMO SEMESTRE 2010: IL BALZO
Se le persone accolte negli 8 Centri Caritas collegati in rete furono 760 nel primo semestre 2008 per salire a 1.055 nel primo semestre 2009, adesso sono balzate a 1.256 e c’è oltretutto da tener presente un’avvertenza: i dati tengono conto solo in piccola parte delle attività di ascolto, accoglienza e aiuto materiale di tutte le realtà (parrocchie e associazioni) che in effetti operano sul territorio diocesano; nella stessa Pistoia, ma anche in zone importanti della diocesi (l’intera Montagna, le aree di Montale e Casalguidi) operano strutture, anche Caritas, non collegate con la rete informatizzata.
“I dati sulla povertà potenzialmente a disposizione della Chiesa locale ci porterebbero – conferma Suppressa – a cifre ben maggiori di quelle presentate in queste pagine”.

2008-2010: VISITE PIU’ CHE RADDOPPIATE
Il balzo in avanti non è solo per le persone accolte ma anche per il numero complessivo delle loro visite: nel primo semestre 2010 si è già passato il numero di 5 mila visite (per la precisione 5.200) ed è quindi ipotizzabile, con la fine di dicembre, che i contatti complessivi 2010 avranno superato quota 10.000 più che raddoppiando il numero delle visite 2008 (allora furono 4.050) e incrementando in modo considerevole quelle (7.100) registrate nel 2009.

SEMPRE PIU’ ITALIANI NEI CENTRI CARITAS
Se nel 2008 la presenza degli italiani era al 27,2% e l’anno scorso balzò al 43%, quest’anno gli italiani rappresentano addirittura il 46% sul totale delle persone accolte.
“L’impoverimento della persona, in particolare italiana, e in modo speciale della famiglia, è un dato in costante crescita” è il preoccupato commento di Caritas che nota un particolare: sono venute meno, negli italiani, le tradizionali ragioni (“la vergogna, la dignità”) per non presentarsi a un Centro Caritas.
“Sintomo allarmante di un disagio insostenibile per una fetta crescente di popolazione di origine italiana”.

LE TANTE SOLITUDINI
A bussare in un Centro Caritas – fra gli italiani – sono soprattutto quelli di sesso maschile (dal 38% di due anni fa si salì al 43,3% l’anno scorso mentre nel primo semestre 2010 la percentuale dei maschi è balzata a sfiorare il 50%).
Forte l’incremento di persone che vivono da sole (dal 13,2 al 17,9%) mentre cresce la presenza di italiani attorno ai 50 anni.
Aumenta la percentuale degli italiani che vivono in alloggio di fortuna o che sono privi di dimora (adesso sfiorano il 15%) così come cresce la percentuale di chi vive in affitto. Proporzionalmente cresce molto di più la fascia di popolazione che, disponendo di una casa di proprietà, è stata costretta a rivolgersi comunque a un Centro Caritas.

LA POVERTA’ ECONOMICA
Riguardo al titolo di studio, il livello medio si è abbassato (in gran parte proprio a causa della crescita di italiani che hanno tradizionalmente un livello medio di scolarità più basso rispetto agli stranieri). La grande maggioranza di chi frequenta un Centro Caritas non ha lavoro, ma crescono le persone costrette ad andare in Caritas pur avendo un lavoro (“non di rado si tratta dei cosiddetti working poors”).
Analizzando le tematiche emerse nei colloqui con il personale Caritas, crescono i problemi legati alla povertà economica.
Le persone si presentano a un Centro con un numero sempre crescente di volte e questo, per Caritas, è un dato che allarma (“La crescente dipendenza dal Centro è una delle spie maggiormente significative del disagio sociale nel territorio pistoiese”).


STRANIERI DA 56 PAESI
Per quanto riguarda gli stranieri (nei Centri sono registrate persone provenienti da ben 56 Paesi di tutto il mondo), le presenze maggiori provengono da Albania (28,6% nel primo semestre 2010), Romania (23,2%), Marocco (20%) e Nigeria (8%).

SULLA MONTAGNA
Un “focus” particolare per la Montagna Pistoiese: qui operano diversi gruppi Caritas che, però, non sono ancora in rete. Il gruppo più importante, San Marcello, ha quasi raddoppiato il numero delle persone accolte, con una maggioranza (quasi i due terzi delle 50 famiglie) di origine italiana.
Aumentato il numero dei pensionati così come quello delle donne sole (molte le separate o le vedove). La richiesta principale, a San Marcello, è di generi alimentari ma Caritas interviene anche pagando bollette e affitti.

IL CORAGGIO DI INTERPRETARE I DATI
Prima della presentazione ufficiale, i vari Centri di Ascolto Caritas hanno analizzato i dati. Ne è uscita una “riflessione corale” a cui non fa certo difetto né la chiarezza espositiva né il coraggio.
Le “percezioni” partono dai dati nazionali sull’esclusione sociale. Dati preoccupanti.
“Viviamo – dicono in Caritas – con la testa nel mondo del consumo opulento, ma poggiamo con i piedi e tutto il corpo sulla linea del galleggiamento”.
I “poveri in senso relativo” sono, in Italia 8 milioni. 3 i milioni di “assolutamente poveri”. Ma esistono quasi 19 milioni di persone che non possono certo essere definiti (“tecnicamente”) poveri ma che “della povertà o della minaccia di povertà portano tutte le stigmate”: 4 milioni di questi arrivano a fine mese con grande difficoltà; 3,5 milioni hanno avuto difficoltà a sostenere le spese della vita quotidiana; 6 milioni sono considerati “vulnerabili”.
La crisi, insomma, “ha cominciato a mordere anche fasce fino ad ora considerate relativamente forti” (titolari di posto fisso, autonomi, in certi casi anche manager) e si scarica sulle fasce meno protette (chi lavora in proprio, dipendenti di cooperative, precari, partite IVA).

POLITICA: SOTTO GIUDIZIO
Caritas Pistoia giudica “alla prova dei fatti insufficienti” le politiche di contrasto alla povertà adottate dal governo Berlusconi (social card, bonus famiglia, abolizione Ici, bonus elettrico).
Critico, il mondo Caritas, anche nei confronti dei Centri per l’Impiego (procedure farraginose, liste indifferenziate, lunghezza dei tempo per avere colloqui). Osservazioni anche sui servizi sociali degli enti locali: in genere “conoscono e comprendono i problemi”, ma trovandosi a operare in regime di “tagli”, li affrontano troppo spesso “in modo emergenziale”.
Sotto un aspetto generale, per Caritas, il vero problema “è quello di una mancata assunzione, a livello politico, dei problemi di vulnerabilità/esclusione sociale perché i poveri e gli emarginati non sono quasi mai in coma ai pensieri degli amministratori”.


TERZO SETTORE: RIPENSARLO
Non mancano considerazioni critiche sul terzo settore: spesso le cooperative sociali sono troppo facilmente “dipendenti” dalla pubblica amministrazione che dà gli appalti (“e si trovano a svolgere servizi di competenza pubblica in regime di sottocosto e quindi, loro malgrado, a scapito della qualità”).
Tutto il terzo settore insomma, compreso il volontariato, dovrebbe “ripensare il proprio ruolo”. Troppo spesso, inoltre, la politica finisce per favorire non l’inclusione ma addirittura l’esclusione sociale e questo accade nell’indifferenza sostanziale.
Caritas fa il caso degli sfratti nella città di Pistoia: 350 all’anno. “Per una città piccola come Pistoia, un dato del genere dovrebbe creare un sussulto generale a livello politico. Invece non è successo abbastanza”.

CHIESA: PIU’ PROFEZIA
Cenni autocritici, in Caritas, anche a proposito di come la stessa comunità ecclesiale si pone davanti alle situazioni di disagio (“A occuparsi di questi problemi non può essere, dentro la Chiesa, solo la Caritas: tutti sono chiamati a occuparsi di tutti”).
Non mancano attenzioni nelle parrocchie, ma troppo spesso “ci si ferma al dato assistenziale; ci si organizza per dare la busta della spesa, ma dovremmo anche chiederci: nella nostra parrocchia ci sono case sfitte, c’è possibilità di lavoro?”. Precisato comunque che non è certo compito delle parrocchie “dare casa o trovare lavoro”, Caritas invita parrocchie e l’intero mondo cattolico “a sentire di più il coraggio della profezia e della denuncia”.

CARITAS: PROPOSTA, NON SOLO INDIGNAZIONE
Due le proposte finali: il richiamo al censimento sui servizi sociali nella Chiesa (“il nostro territorio è ricco di risorse: 115 strutture che lavorano attivamente e sono presenza concreta nella diocesi”); l’invito a una maggiore e reciproca collaborazione (“Noi abbiamo un’esperienza che vorremmo mettere a disposizione: siamo convinti che, coniugata con la professionalità, con la lungimiranza delle scelte politiche ed economiche, possa essere uno strumento valido per affrontare il futuro”).
Un dossier, insomma, che non è solo “sana indignazione” ma è anche proposta.

Fonte: Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi di Pistoia

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