giovedì 20 gennaio 2011

La "fotografia" della Famiglia come emerge dall'indagine scientifica condotta a Pistoia nel 2009. Un convegno in Comune


PISTOIA_ Sabato 22 gennaio presso la Sala Maggiore del Palazzo Comunale di Pistoia (con inizio alle ore 9,30) su iniziativa del Centro Famiglia Santa Anna di Pistoia sarà presentata pubblicamente l’indagine scientifica “Famiglia/famiglie” (curata dal professor Marco Breschi) – raccolta in un volume di 136 pagine) edito nel 2010.
La ricerca è stata effettuata in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università degli Studi di Udine.
In considerazione dell’estremo interesse dei risultati che riguardano nello specifico la realtà pistoiese di oggi su questa ricerca che parla di famiglie e in particolare di convivenze, del fenomeno delle coppie di fatto e dell’instabilità matrimoniale con una approfondita analisi dei risultati di una indagine ad hoc effettuata in una vasta area del pistoiese all’incontro di sabato interverranno tre docenti universitari: Mario Breschi (Demografia, Sassari), Luigi Gaudino (Diritto Privato Comparato, Udine), Elisabetta Cioni (Sociologia processi culturali, Sassari).
Oltre al saluto introduttivo della presidente Vania Pratesi, saranno presentii rappresentati di Comune (l’assessore alle Politiche Sociali, Paolo Roberto Lattari) e della Diocesi (il Vicario Episcopale don Luca Carlesi).
Con le tecniche della statistica, il Centro Sant’Anna – struttura di ispirazione cattolica molto impegnata nell’aiuto alla famiglia – ha contribuito ad offrire un’ottima base di partenza su profili anche scottanti: coppie di fatto, convivenze, instabilità matrimoniali, coppie etero e omosessuali.
Il vescovo di Pistoia Mansueto Bianchi nel novembre scorso ha dichiarato che l’indagine ha tra le altre cose il pregio di “alzare la nebbia, mostrare con chiarezza un paesaggio solo intravisto”.
La ricerca è stata messa a disposizione della Chiesa pistoiese che, nel suo programma 2010/2011 dà spazio proprio ad una pastorale familiare necessariamente basata sulla conoscenza della realtà”.
Il volume potrà essere richiesto al Centro Sant’Anna (tel. 0573-368780).

Ecco di seguito una sintesi della ricerca.

Per tre quarti dei pistoiesi il matrimonio è un'istituzione ancora valida: a essere d'accordo con l'affermazione contraria (“Il matrimonio è una istituzione superata”) è circa il 24% dei cittadini (fra i 18 e i 49 anni) con un picco che sfiora il 28% nella classe di età fra i 18 e i 34 anni.
La famiglia fondata sul matrimonio è ancora il modello di vita in comune più diffuso e riconosciuto, verso il quale non a caso sfocia larga parte delle tantissime convivenze.

C’E’ FAMIGLIA E FAMIGLIA
Curato da Elisabetta Cioni, il capitolo su “matrimonio e famiglia nell'opinione dei pistoiesi” commenta le risposte partendo dal significato stesso della parola “famiglia” in un'epoca in cui “il moltiplicarsi di stili di vita individuali si riflette anche sulla molteplicità di forme di relazioni familiari”.
E' innegabile – scrive la Cioni – che “non c'è più un unico modello familiare bensì una pluralità di modi di fare famiglia”.
Oltre la metà degli intervistati risponde che per essere famiglia “basta che due persone vivano insieme e si vogliamo bene”.
Se dunque il matrimonio continua a essere un'istituzione che attira fiducia, esso “non è più la condizione necessaria per segnalare la presenza di una famiglia come lo è stato nel passato e come lo è ancora per i loro concittadini che hanno 65 anni di età e oltre”.
Solo per il 24,8% degli intervistati per essere famiglia occorre sposarsi in Chiesa: appena il 21,6% ritiene che basti sposarsi almeno in Comune. La somma supera di poco il 46% mentre il 52% degli intervistati, dunque la maggioranza, ritiene che per essere famiglia basti “vivere insieme e volersi bene”.
La ricerca evidenzia come il fattore che fa davvero la differenza sul significato di famiglia è l'adesione a valori religiosi (la percentuale di chi pensa che un matrimonio in chiesa sia elemento necessario per avere una famiglia sfiora il 50% fra i praticanti assidui. E tra i praticanti assidui solo il 26,5% ritiene che basti vivere insieme e volersi bene, percentuale che schizza al 72,5% tra i non praticanti).
Il raffronto con altra simile ricerca tra gli abitanti del Nord Est evidenzia come tra i pistoiesi praticanti la convinzione che per avere una famiglia si debba essere sposati in chiesa è molto più diffusa rispetto ai praticanti del Nord Est.

SULLE COPPIE DI FATTO
Interessanti anche le risposte alla domanda sul riconoscimento delle coppie di fatto: solo uno su tre fra i fedeli più assidui nella pratica religiosa si oppone a un possibile riconoscimento pubblico di diritti alle coppie di fatto mentre il 55% di loro si dice favorevole.
Il 31% di tutti gli intervistati dice di essere favorevole a una legge che riconosca gli stessi diritti del matrimonio a chi conviva stabilmente precisando però che i partner devono essere di sesso opposto. Ma il 40,2% accetterebbe tale legge anche se riferita a partner dello stesso sesso. Circa 29 su 100 sono contrari o non rispondono.

PERCHE’ UN MATRIMONIO RIESCA …
Maschi e femmine intervistati attribuiscono grande importanza alla fedeltà reciproca per la riuscita del matrimonio (82,2% fra i maschi e 89,5% tra le femmine).
Ai primi cinque posti, anche se lievemente diversificati tra uomini e donne, oltre alla fedeltà reciproca, i comportamenti ritenuti virtuosi per far riuscire un matrimonio sono così indicati: la capacità di discutere i problemi di ciascuno, l'intesa sessuale, l'avere tempo per sé, l'avere figli. Agli ultimi posti l'avere le stesse opinioni politiche.

SULLE CONVIVENZE
Il capitolo sulle convivenze è commentato da Marco Breschi. Dando credito ad alcuni dati ufficiali, come il famoso registro delle “coppie di fatto” istituito dal Comune di Pistoia, le convivenze – premette Breschi – dovrebbero essere, nel pistoiese, un fenomeno marginale (“valutabile al massimo in alcune decine di casi”).
Ma così, ovviamente, non è.
La ricerca del Sant’Anna consente di avanzare alcune valutazioni sulla consistenza del fenomeno: al momento dell’indagine (giugno 2009) “un pistoiese ogni 20 convive”. Ciò in base alle risposte fornite su una domanda specifica (”Ha mai avuto esperienze di convivenza?”).
Fra gli under 50 la frequenza tende ad aumentare (“se ne contano uno ogni dieci”) mentre declina in modo sensibile nelle persone più anziane. Se ai conviventi al momento dell’indagine – prosegue Breschi – aggiungiamo anche le persone che hanno vissuto almeno una esperienza di convivenza, “la proporzione sale al 10% tra tutti gli intervistati e tocca quasi il 30% tra gli intervistati di età compresa tra i 28 e i 37 anni”, che poi è il periodo in cui si contrae la maggior parte dei matrimoni.

UN FENOMENO TRIPLICATO
La percentuale di persone che non hanno mai convissuto cresce con l’età dell’intervistato (“raggiunge il 95% tra le persone con 65 e più anni”). Tra i pistoiesi di circa 25 anni d’età “uno ogni cinque ha convissuto almeno una volta e tale proporzione è pari a quasi uno ogni tre fra i trentenni”
Nel volgere di una sola generazione – nota Breschi – “il fenomeno della convivenza è più che triplicato”: tra le generazioni più recenti “la convivenza è una esperienza che, con poche eccezioni, precede il matrimonio” mentre nelle generazioni degli attuali cinquantenni “segue, il più delle volte, la rottura del matrimonio”.
Come ripartizione territoriale, le convivenze sono più frequenti all’interno del Comune di Pistoia che nel testo del territorio coinvolto dall’indagine. Sono le persone con un titolo di studio più elevato le più propense a vivere un’esperienza di convivenza (circa il 40% dei laureati ha convissuto almeno una volta; meno del 20%delle persone con al massimo la scuola media hanno provato la stessa esperienza).
Qualche dato anche sul rapporto tra pratica religiosa e convivenze: tra chi va assiduamente in chiesa, sono pochi (poco più del 5%) coloro che hanno avuto una esperienza di convivenza mentre una simile situazione è stata vissuta da quasi il 24% delle persone che dicono di non andare mai in chiesa.

SULLA PRATICA RELIGIOSA
A questo proposito la ricerca fornisce dati generali anche sulla pratica religiosa nel pistoiese: chi si reca una o più volte a settimana in un luogo di culto si ferma al 24,4% a cui si può aggiungere un 17,6% che dichiara di andarci una o due volte al mese.
“Qualche volta all’anno”, in chiesa, ci va il 35,5% e “praticamente mai” il 21,5% (uno su cento non risponde). Quella dei praticanti è, nel pistoiese, una fra le percentuali più basse d’Italia (qui, in media, è un italiano su tre a dichiararsi praticante assiduo).

CONVIVENZE E MATRIMONI
Tornando alle convivenze, i pistoiesi intervistati non sembrano avere dubbi: al 20,1% favorevole a una convivenza pre-matrimoniale si aggiunge il 53,5% favorevole anche quando la convivenza non porta al matrimonio (“In altre parole – commenta Breschi – circa tre pistoiesi su quattro vedono con favore l’esperienza di una convivenza”. Ma questo non significa disconoscere il matrimonio (“circa il 46% dei pistoiesi dichiara infatti che per essere una famiglia occorre sposarsi in chiesa o in Comune”). Un autentico “plebiscito”, per le convivenze, fra i giovani: circa il 90% di loro vede con estremo favore la convivenza.

COPPIE DI FATTO: UNA LEGGE ?
Aggiunto che anche all’interno del gruppo dei “religiosi” (i praticanti assidui) “un intervistato su due è favorevole alla convivenza”), Breschi conclude che “in definitiva la convivenza è ritenuta dalla larga maggioranza dei pistoiesi un’esperienza certo non obbligatoria e necessaria ma forse utile e importante”.
Meno di un pistoiese su quattro (il 23,7%) dichiara di essere contrario a una legge che riconosca analoghi diritti a coniugati e conviventi: gli altri (il 76,3%) vedono invece con favore l’introduzione di una simile legge (tra questi quasi 6 su 10 anche nel caso di conviventi dello stesso sesso). In altri termini – nota Breschi – “oltre il 40% dei pistoiesi non avrebbe alcunché da eccepire anche per le coppie gay”. Esistono tuttavia, notevoli differenze di opinione per età, livello di istruzione, professione e frequenza alle cerimonie religiose.

I DATI SULL’ITALIA
Oltre a una “nota metodologica”, curata da Alessio Fornasin, il volume contiene anche tre capitoli generali, con dati di livello nazionale: il primo, affidato a Luigi Gaudino, sul concetto di famiglia (diritti e doveri tra i coniugi, regime patrimoniale, figli, malattie, successioni, separazioni, divorzi, giurisprudenza ); il secondo curato da Gustavo De Santis sulle coppie di fatto nei Paesi industrializzati e in Italia; il terzo curato da Franco Bonarini sulla diffusione, in Italia, di convivenze pre-matrimoniali, dei matrimoni civili e della instabilità matrimoniale.

SEPARAZIONI E DIVORZI: QUINTUPLICATI
Qualche dato italiano: il numero dei matrimoni, nel Paese, è diminuito passando dai 419 mila nel 1972 al 250 mila nel 2007 (calo del 40%). Superiore l’intensità di diminuzione dei matrimoni religiosi (-58% mentre i matrimoni celebrati con rito civile sono aumentati, in 35 anni, del 180%).
Più di un quarto dei matrimoni celebrati in un anno – nota Bonarini – “finirebbe con la separazione”. I tassi di separazione e di divorzio “sono nettamente più alti tra i matrimoni civili rispetto a quelli religiosi”. Il numero delle separazioni e dei divorzi, in Italia, è “quasi quintuplicato” fra il 1975 e il 2007 quando si è arrivati ad avere 273 separazioni e 165 divorzi ogni 1.000 matrimoni. Quelli celebrati dopo la convivenza si rompono più facilmente degli altri.
Sempre su base nazionale, un quarto di separazioni e divorzi sono collocati fra il 5° e il 10° anniversario, un quinto nel quinquennio successivo e oltre il 40% dopo il 15° anno.


Fonte: Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Pistoia

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