mercoledì 15 gennaio 2014

Caso Nuti: un esito scontato. La posizione di Giacomo Del Bino (Movimento 5 Stelle Pistoia).


PISTOIA_ Sulla vicenda che ha coinvolto l'assessore Tina Nuti riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Lunedì 13 gennaio in Consiglio comunale è stato affrontato il “caso Nuti: la figlia dell'assessore alle politiche sociali, al commercio ed alla sanità del Comune di Pistoia, dottoressa Tina Nuti, è stata assunta alcuni mesi fa come frontista da un'azienda privata, la Ge.Sat - che gestisce servizi in alcuni ospedali toscani - e presta la sua opera presso il nosocomio pistoiese.
Sgombriamo subito il campo da ogni dubbio. Il M5S di Pistoia non ha mai affermato, scritto o pensato che il risultato ottenuto grazie ai colloqui dalla giovane donna fosse in realtà il frutto di intervento della madre. Non abbiamo motivo di dubitare delle qualità, capacità e competenze specifiche della ragazza e, allo stesso tempo, nutriamo stima e fiducia nell'assessore Nuti. Premettiamo anche che il fatto, così come si è delineato, non rappresenta reato.
C'è però un grave problema di opportunità politica e di trasparenza, che non può non essere ben individuato anche da chi – giustamente – dichiara che gli amministratori hanno gli stessi diritti degli altri cittadini, ma qualche dovere in più.

In Consiglio comunale abbiamo chiarito il nostro pensiero. A nostro avviso, l'assessore Nuti avrebbe dovuto, una volta giunta a conoscenza del posto di lavoro ottenuto dalla figlia, compiere una di queste tre azioni: 1) dare le dimissioni e tornare a fare il suo precedente lavoro d'insegnante; 2) dire alla figlia di rinunciare al posto di lavoro; 3) informare tempestivamente il Sindaco – e magari i cittadini tutti – della situazione, anche allo scopo di condividere la strada da percorrere, le scelte da perseguire. Con una qualsiasi di queste azioni avrebbe posto se stessa e la Giunta in condizioni di massima trasparenza e ciò avrebbe – oltretutto - amplificato il consenso nei confronti dell'amministrazione.
Mi si dirà che informare preventivamente la cittadinanza per condividere un percorso sarebbe stato gesto assai atipico. Rispondo che se si vuol cambiare le cose, allora è lecito e doveroso compiere anche e soprattutto gesti atipici e significativi.
Ma niente di questo è stato fatto. C'è voluta una mano birichina che ha fatto arrivare al Sindaco un “pizzino” per far sì che lo “scandalo” uscisse alla luce del sole. Si tratta di vero scandalo? No, in realtà. Ma il modo in cui la situazione è stata gestita è scorretto ed offre il destro a considerazioni di ogni tipo.
Sempre in Consiglio comunale, ho chiesto delucidazioni sulle modalità di svolgimento dei colloqui grazie ai quali è stata assunta la figlia dell'assessore, se e che tipo di pubblicità è stata data ai colloqui stessi ed alla graduatoria, nonché se fosse possibile avere la documentazione. Mi è stato risposto che potrò ottenere soddisfazione in altra sede.
Il M5S ha fatto il proprio dovere – in quanto portavoce del “sentimenti” dei cittadini -, indicando alla dottoressa Nuti, con l'intervento del collega Maurizio Giorgi, la possibilità di rinunciare almeno alle deleghe sulla Sanità. Era l'unica cosa che potevamo, anzi, dovevamo fare.
Anche il Sindaco ha fatto l'unica cosa che poteva fare: ha criticato con parole pesanti l'atteggiamento tenuto dalla dottoressa Nuti e perfino con invettive peggiori quello di chi ha permesso di mettere in luce il fatto. Per adesso, mi limito a registrare ed a cercare di leggere tra le righe, consapevole che la politica è veramente il regno del possibile, di ciò che è vero e falso e non vero e non falso. Voglio aggiungere una provocazione, per affrancarmi dal coro: in questo caso, chi ha tradito chi? La mano invisibile (che poi tanto invisibile non è e non lo è mai stata), ha veramente tradito qualcuno? O ha fatto invece il suo dovere? Infine: quale consigliere di maggioranza avrà adesso il coraggio di riferire al Sindaco – o a chi per esso – circa eventuali situazioni ambigue, senza essere preventivamente certo che non sarà per questo fustigato in pubblica piazza? Non ho risposte. I miei son pensieri ad alta voce, o, se preferiamo, appunto provocazioni tese a comprendere fino in fondo le situazioni, che spesso non son quelle che sembrano. Quasi mai.
Critiche aspre – dicevo – bacchettate, moniti, ma poi il Sindaco ha lasciato tutto com'era. Ovvio. Dando per scontato la sincerità delle sue parole (cioè che la sua fiducia nell'assessore è rimasta inalterata), non avrebbe comunque potuto permettersi di ridurre ulteriormente il già esiguo numero di assessori. Non avrebbe potuto farlo in un momento delicato come questo, in cui neppure lui è perfettamente in grado di distinguere – almeno credo - gli “amici” - coloro che sono fidati e sinceri - da chi invece è pronto ad infilargli un coltello nella schiena alla prima occasione utile, per interesse personale. L'unica strada che il Sindaco avrebbe potuto percorrere – almeno circa la dottoressa Nuti – era dunque quella che ha effettivamente seguito. Mi si perdonerà, però, se mi saltano in mente le parole del compianto Fabrizio De André, contenute nel suo capolavoro Don Raffaè: “Prima pagina, venti notizie, ventuno ingiustizie e lo Stato che fa? Si costerna, s'indigna, s'impegna, poi getta la spugna con gran dignità.”
Una leggerezza commessa in buona fede: questa la motivazione addotta da Bertinelli per argomentare il suo “perdono” nei confronti dell'assessore. Comprensibile. Ricordo però, solo di passaggio, come almeno in un altro caso non sia stato tenuto lo stesso atteggiamento “bonario” e non sia stata data una seconda possibilità; ma, soprattutto, voglio fare una considerazione sulla “buona fede: in quanto presidente della I Commissione consiliare, più di una volta mi è capitato di trovarmi a dover gestire situazioni piuttosto anomale: materiale giunto in ritardo alla mia conoscenza – quindi a quella degli altri consiglieri -, assenza di dirigenti alle sedute di Commissione, mancanza di spazi per lo svolgimento delle nostre funzioni, per dirne alcune. Per senso di responsabilità verso la città ed i cittadini, ho sempre cercato di sopperire alle lacune, caricandomi talvolta anche pesi sulle spalle che, a ben vedere, non sarebbero toccati a me. L'ho fatto credendo nella buona fede di chi tali errori o mancanze ha commesso e consapevole che l'errore è sempre in agguato, quando si fanno le cose. Non sono pentito e lo farò ancora, quando se ne presenterà la necessità. Ma non vorrei che la “buona fede” divenisse una stella polare, un appiglio sicuro in momenti di maretta o in situazioni critiche.
Di buona fede si può vivere, ma anche morire.
Giacomo Del Bino

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